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  • Immagine del redattoreLaura Pirotta

Il parto: un tango argentino tra mamma e bambino

E così si arriva al giorno del parto, al giorno in cui il bambino si mostra alla sua mamma e diventa concreto, prende vita dopo che, per 9 mesi, la mamma si è fatta mille fantasie su di lui. “Chissà come sarà? Chissà di che colore avrà i capelli, e gli occhi? Chissà che carattere avrà?”. Paradossalmente, questo speciale momento di incontro, deve passare attraverso il dolore del parto. È un po’ come se lo stato di onnipotenza e simbiosi debba finire con un taglio netto, uno squarcio che non può che essere doloroso. Se il parto fosse completamente indolore, se si potesse avere una cerniera sulla pancia e la si aprisse per estrarre il bambino una volta che i tempi sono maturi, allora forse non ci sarebbe la vera magia della nascita. Una magia che, come in tutte le fiabe o i racconti di fantascienza, deve passare attraverso guerre e battaglie. Un eroe che si rispetti non arriva mai vittorioso se non dopo aver attraversato mari e monti, affrontato difficili sfide e sconfitto orchi, draghi e stregoni. Solo in quel modo potrà essere un eroe. E la donna è così che si sente quando partorisce: una bellissima eroina dotata del super potere di "dare la vita". Non tutti gli eroi hanno questo super potere. Super eroi come Batman, SuperMan e Spiderman hanno i più svariati poteri, come volare e arrampicarsi, ma non danno la vita. Se ci pensate quasi tutti gli eroi mitologici e di fantascienza che donano la vita sono donne. E’ un super potere tutto al femminile e, nonostante le donne, in sala parto, non siano molto contente di avere questo privilegio, subito dopo si sentiranno orgogliose di ciò che, con fatica, hanno fatto da sole. Da sole, senza nessun aiuto, solo con la propria forza generatrice. Infatti, per quanto ci siano ostetriche e ginecologi che aiutano a gestire il momento, è solo la donna che ha il potere di spingere e di dare vita. Solo lei.

Il momento di incontro tra mamma e bambino deve passare attraverso il dolore e la sofferenza, non solo della madre ma anche del bambino che non se la passa meglio. Infatti, nel parto naturale, il bambino deve fare un percorso impervio e stretto che lo schiaccia e lo comprime. Inoltre, non sa dove sta andando e cosa gli stia succedendo. Dopo un po’ si ritrova in un nuovo ambiente, completamente diverso da quello in cui ha vissuto per 9 mesi, molto più freddo, con tante luci e con mani che lo prendono, lo toccano, lo visitano. Non so se vi ricordate il famoso film “Senti chi parla” dove i pensieri e le idee del bambino prendono forma attraverso la comicità unica di Paolo Villaggio. Ogni tanto mi immagino i bambini parlare in questo modo e fare i peggio commenti su un'esperienza traumatica come la nascita. Commenti che, a noi, arrivano solo attraverso un pianto più o meno vigoroso. Aldo Carotenuto parla di nascita come un atto di tradimento della mamma verso il bambino e, allo stesso tempo, di tradimento del bambino verso la mamma. Un tradimento indispensabile e inevitabile che accompagna il momento di separazione dalla simbiosi durata 9 mesi. Il dolore è, quindi, un accompagnamento di questa separazione. Se ci pensate il dolore del parto è l’unica tipologia di dolore che porta la vita, che dona il sorriso. Nessun altro dolore ha una connotazione e un epilogo positivo e felice.


La dinamica del parto può essere paragonata ad una danza che, a mio parere, prende i connotati del tango argentino. Il tango argentino è il ballo della passione per antonomasia. Una danza a due che manifesta, con pienezza, una relazione intensa e conflittuale. La coppia si avvinghia in un vortice di passione, in un ballo coinvolgente che alterna momenti di vicinanza e affetto a momenti di violento conflitto. Azione e reazione, avvicinamento e allontanamento scandiscono il ritmo del tango che prevede un dialogo intenso tra i ballerini che, di volta in volta, diventano i protagonisti dell'azione. Non è, per esempio, come la bachata che vede i due ballerini comunicare in modo univoco e armonioso. Il tango è imprevedibile e incostante. E' come una corda che viene tesa e poi allentata per poi essere ancora tirata. Esattamente come le contrazioni che accompagnano il parto e le due fasi che portano alla nascita del bambino.

Dapprima c'è la fase di dilatazione, dove la donna si prepara al parto, con contrazioni sempre più intense e ravvicinate, dilatandosi piano piano. In questa fase il protagonista del tango è il bambino, esattamente come lo è stato durante tutta la gravidanza, dove la madre aveva solo un ruolo passivo e di accettazione delle modifiche fisiche. Anche nella fase dilatante, la mamma vive la simbiosi in modo passivo e può solo che subire l'onda intensa di dolore e sofferenza provocato dalle contrazioni. Non può fare niente, non può reagire, non può spingere, non può uscire da quel vortice in cui è sprofondata. Può solo accettare la danza violenta e crudele che la sta travolgendo.


Una volta che la dilatazione è completa, la donna è pronta per affrontare la seconda fase, quella espulsiva, dove, finalmente, a condurre il tango è proprio lei. Infatti, in questa fase, la mamma assume, finalmente, la parte attiva e aggredisce il bambino cercando di spingerlo fuori da sé. È un momento violento perché la mamma deve trovare, dentro di sé, nel suo istinto primordiale, una forza e un’energia che, probabilmente, non vedrà mai più in tutta la sua vita. Di frequente, le donne che hanno vissuto un parto naturale, raccontano di avere scoperto dentro di loro una forza che non avrebbero mai pensato di avere. È la cosiddetta forza generatrice, quell’energia utile per poter spingere il proprio bambino fuori di sé e per dargli una nuova identità separata da quella della madre.


La danza del parto è, quindi, un tango carnale e passionale in piena regola, che coinvolge completamente i due ballerini anche nei momenti delle pause, quando non ci sono le contrazioni. Mi immagino i due ballerini darsi tregua camminando lentamente per poi riprendere con il vortice delle figure di danza che li avvolgono fino alla successiva pausa. E così è fino alla fine del tango, fino a che il bambino è nato.

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